Il Beirut Street Museum
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/20405Parole chiave:
Beirut, museo alternativo, vernacolo, psicogeografiaAbstract
Tutto è iniziato con la sedia di plastica, che si trova spesso negli ambienti urbani di Beirut senza mai essere messa in discussione. All'interno della casa, è un oggetto su cui ci si siede. In strada, vieta il parcheggio. Come una lingua non parlata e non insegnata, tutti sanno che, se c'è una sedia, non si può parcheggiare. Pensando a questo specifico fenomeno urbano, si trattava di cercare i casi in cui la città crea soluzioni per sé stessa. Questo insieme di informalità ha formato un linguaggio visivo popolare su cui vale la pena riflettere, sfidando i modi convenzionali in cui pensiamo alla nostra città. La sedia di plastica, la ruota, il blocco di cemento, il cesto di frutta: sono alcuni ingredienti di una ricetta creativa fatta di materiali disponibili, a basso costo e di recupero, conditi da un senso di utilità. Prendendo in considerazione questi eventi sociali, cerchiamo di riconsiderare il nostro paesaggio culturale e, osservandoli, ci rendiamo conto che essi sono il riflesso dei nostri tempi, delle nostre lotte e dei nostri ostacoli quotidiani. Come artefatti urbani, il loro insieme è maggiore della somma delle loro parti. Il Beirut Street Museum è un museo concettuale che resiste alle forme d'arte convenzionali e smantella l'esclusività della museologia. Esso opera sul campo, dove ogni passeggiata in città diventa una passeggiata nel museo. Radicato nei concetti di dérive, situazionismo e museologia decostruttiva, il BSM parla il linguaggio della strada. Diventa un archivio crescente di testimonianze collettive: i segni delle persone sullo spazio che le circonda.
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