IN_BO. Ricerche e progetti per il territorio, la città e l'architettura https://in-bo.unibo.it/ <p><strong><em>in_bo</em> (ISSN 2036-1602) </strong>è una rivista digitale e open-access, fondata nel 2008 e con sede a Bologna. Pubblica annualmente numeri tematici di ricerca su argomenti quali il progetto architettonico, la storia dell'architettura e gli studi urbani, con un'attenzione particolare per la didattica dell'architettura e le intersezioni tra architettura, cultura e società. La rivista è gestita in una collaborazione tra il Dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, il Centro Studi Cherubino Ghirardacci (Bologna) e la Fondazione Flaminia (Ravenna).</p> it-IT <p>I diritti d'autore e di pubblicazione di tutti i testi pubblicati dalla rivista appartengono ai rispettivi autori senza alcuna restrizione.</p> <p><a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/" rel="license"><img src="https://licensebuttons.net/l/by-nc/4.0/88x31.png" alt="Licenza Creative Commons" /></a></p> <p>Questa rivista è distribuita con <a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/" rel="license">licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale</a> (<a href="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0/legalcode">licenza completa</a>). <br />Vedere anche la nostra <a href="https://in-bo.unibo.it/about#openAccessPolicy">Open Access Policy</a>.</p> <h4 id="metadata">Metadati</h4> <div><a href="https://creativecommons.org/publicdomain/zero/1.0/" rel="license"> <img style="border-style: none;" src="https://licensebuttons.net/p/zero/1.0/88x31.png" alt="CC0" /> </a></div> <p>Tutti i metadati dei materiali pubblicati sono rilasciati in pubblico dominio e possono essere utilizzati da ognuno per qualsiasi scopo. Questi includono i riferimenti bibliografici.</p> <p>I metadati – riferimenti bibliografici inclusi – possono essere riutilizzati in qualsiasi formato senza ulteriori autorizzazioni, incluso per scopo di lucro. Chiediamo cortesemente agli utenti di includere un collegamento ai metadati originali.</p> in_bo@unibo.it (Federica Fuligni) ojs@unibo.it (OJS Support) Mon, 01 Jul 2024 10:49:22 +0200 OJS 3.2.1.4 http://blogs.law.harvard.edu/tech/rss 60 Sulle tracce delle prime colonie di vacanza italiane: tre casi milanesi (1881–1910) https://in-bo.unibo.it/article/view/16548 <p><span style="font-weight: 400;">Con questo contributo ci si propone di stimolare una riflessione sui principali profili pedagogici e organizzativi delle colonie climatiche italiane di fine Ottocento a partire da tre esperienze milanesi: due di esse, la “Cura Climatica Gratuita ai Fanciulli Gracili, alunni delle scuole elementari comunali di Milano” e le “Colonie climatiche autunnali per fanciulli e fanciulle,” hanno quale emblematico elemento di raccordo la figura del medico e filantropo Malachia De Cristoforis (1832</span><strong>–</strong><span style="font-weight: 400;">1915), protagonista del vivace dibattito internazionale sulle colonie di vacanza in corso in quegli anni; la terza esperienza, le “cure climatiche” organizzate per gli ospiti dell’Orfanotrofio Martinitt, pur riguardando un’iniziativa in qualche modo </span><em><span style="font-weight: 400;">sui generis</span></em><span style="font-weight: 400;"> per tipologia di utenza, condivide con le precedenti alcuni tratti importanti, fra i quali il carattere filantropico e la centralità attribuita all’immersione nella natura, aspetto quest’ultimo che pone idealmente le colonie nel solco di una riflessione pedagogica secolare.</span></p> Luca Comerio Copyright (c) 2024 Luca Comerio https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16548 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Dai sanatori alle colonie per l’infanzia: l’esempio della Bretagna https://in-bo.unibo.it/article/view/16528 <p><span style="font-weight: 400;">La Bretagna, regione francese affacciata sul mare, alla fine del diciannovesimo secolo diventa terreno di esperienze sanitarie e sociali che mettono in evidenza sia le virtù terapeutiche dell'acqua sia le qualità profilattiche dell'aria di mare. Attraverso numerosi esempi, questa ricerca ripercorre l’apertura sul litorale bretone delle prime colonie per l'infanzia, i cui beneficiari, i bambini delle città industriali francesi, godevano della salubrità del clima. Questo studio approfondisce la varietà di questi istituti specializzati, dalle semplici scuole all'aperto ai sanatori, fino agli ospedali marini finalizzati alla lotta contro la tubercolosi. Gli esempi scelti dimostrano che alcuni comuni si specializzarono nell'organizzazione di colonie per l'infanzia, e che talvolta la somiglianza della cura in queste strutture a una vacanza più tradizionale sfociò in conflitti sull’uso della spiaggia. Lo studio evidenzia anche che dopo il 1945 le opere sociali delle grandi imprese pubbliche francesi favorirono notevolmente il proliferare delle colonie di vacanza sulle coste bretoni. Infine, la conclusione evoca la situazione attuale, in cui questo tipo di vacanze collettive è in crisi, e sottolinea come i comuni e le istituzioni stiano tentando di resistere a una pressione immobiliare sul litorale sempre più impattante.</span></p> Philippe Clairay Copyright (c) 2024 Philippe Clairay https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16528 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 <i>Freguesias marinas</i>: le colonie balneari infantili nel territorio di Lisbona e il caso O Século (1931–45) https://in-bo.unibo.it/article/view/16480 <p><span style="font-weight: 400;">Le prime colonie balneari portoghesi emersero prima dell'era dell'Estado Novo, diventando destinazioni estive per i bambini più indigenti, ancor prima dell'implementazione dei programmi educativi nazionali. Associazioni di istruzione e beneficenza, supportate da opere di filantropia private e dalla classe operaia, svolsero un ruolo chiave nello sviluppo di queste strutture. Giornali e cooperative come Voz do Operário anticiparono iniziative sociali per rispondere alle sfide del tardo XIX secolo, rivolgendosi agli operai e alle loro famiglie. I progetti coinvolsero centinaia di bambini ogni estate, soprattutto tra giugno e ottobre, per la cura della tubercolosi infantile e per lo svago. Questi progetti trovarono spazio in edifici preesistenti o diedero origine a nuove architetture lungo una costa perlopiù incontaminata, spesso a notevole distanza dai centri urbani. Un esempio significativo è la colonia balneare infantile O Século, finanziata da fondi privati e pubblici, operante dal 1927 a S. Pedro d</span><span style="font-weight: 400;">o </span><span style="font-weight: 400;">Estoril, tra Lisbona e la rinomata Cascais. Il progetto attraversò almeno tre fasi costruttive, influenzando la vita pubblica cittadina e beneficiando del sostegno della nota Feira Popular di Lisbona, in attività fino a pochi anni fa. Documenti d'archivio, fotografie storiche e progetti testimoniano l'evoluzione di queste strutture nel tempo. Le trasformazioni tra il 1944 e il 1945 evidenziano l'importanza di questa colonia nella vita collettiva, le dinamiche di finanziamento e le esigenze della colonia, dei suoi operatori e dei bambini ospiti. Nel corso degli anni, molte di queste strutture sono scomparse a causa dell'espansione turistica dell’area, a differenza dell’O Século che ancora in parte porta avanti programmi dedicati alla crescita infantile.</span></p> Pedro Silvani Copyright (c) 2024 Pedro Silvani https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16480 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Politica sanitaria e propaganda dalla mostra contro la tubercolosi (1928) a quella delle colonie (1937) https://in-bo.unibo.it/article/view/16697 <p>La <em>Mostra Internazionale per la Lotta alla tubercolosi</em> del 1928, allestita a Roma nel Palazzo delle Esposizioni di via Nazionale e quella delle <em>Colonie Estive e dell’Assistenza all’Infanzia</em> del 1937, sempre a Roma ma nell’area del Circo Massimo, costituiscono due importanti estremi di una ricerca che lega architetti e ingegneri sul tema dell’architettura destinata alle colonie per l’infanzia. Due tappe di un percorso decennale in cui il regime fascista trasforma gli edifici destinati alla cura dalla tubercolosi in vere e proprie ‘palestre’ per la formazione fisica e spirituale dei giovani italiani, e formidabili macchine di propaganda. Nel contesto della mostra del 1928, infatti, inizia a delinearsi il ruolo delle colonie sia per il recupero sia per la prevenzione infantile dalla tubercolosi ed emerge l’impegno dell’ingegnere-architetto romano Cesare Valle, che dagli anni Venti aveva affrontato il problema della spedalizzazione dei malati di tubercolosi a Roma e che sottolinea l’ampia risonanza dell’esposizione su giornali e riviste specializzate. Meno di un decennio dopo, nella mostra delle colonie le soluzioni tecnico-sanitarie hanno già assunto un ruolo ‘comprimario’ e nei progetti della cittadella e dei padiglioni delle istituzioni per la cura e la formazione dell’infanzia, opera di vari protagonisti del panorama architettonico italiano, sono soprattutto architettura e propaganda a trovare un efficace connubio.</p> Patrizia Montuori, Simonetta Ciranna Copyright (c) 2024 Patrizia Montuori, Simonetta Ciranna https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16697 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 <i>A Infância da modernidade</i>. Le colonie estive dall’Italia fascista al Portogallo di Salazar https://in-bo.unibo.it/article/view/16539 <p><span style="font-weight: 400;">In Portogallo il governo di Salazar, dopo la fondazione dello Estado Novo (1933–74), introdusse una serie di politiche assistenziali sull’esempio di quanto realizzato in Italia. Seppur con diverse declinazioni strettamente legate all’identità nazionalista lusitana, l’Italia divenne un modello per il </span><em><span style="font-weight: 400;">salazarismo</span></em><span style="font-weight: 400;">. Diverse organizzazioni, quali la Fundação Nacional para a Alegria no Trabalho (FNAT), la Organização Nacional Mocidade Portuguesa (ONMP) e la Obra das Mães pela Educação Nacional (OMEN), si occuparono di costruire colonie di vacanza per l’infanzia, balneari, di collina e di montagna, con programmi funzionali legati alla cura e al tempo libero dei bambini. Numerosi protagonisti della politica portoghese furono inviati dal governo a studiare e visitare le organizzazioni assistenziali fasciste, mentre gli architetti – impegnati dalla fine degli anni Trenta a elaborare i progetti per le colonie estive – venivano </span><em><span style="font-weight: 400;">esortati</span></em><span style="font-weight: 400;"> a utilizzare un linguaggio tradizionale. A partire da uno studio condotto negli archivi portoghesi, questa ricerca ripercorre le relazioni tra i due regimi per mettere in luce, attraverso l’ideologia politica e le opere costruite, analogie e differenze nel rapporto tra modernità dell’architettura e identità nazionale.</span></p> Elisa Pegorin Copyright (c) 2024 Elisa Pegorin https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16539 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 La macchina e l’accampamento: La progettualità bifronte degli spazi delle vacanze del Terzo Reich https://in-bo.unibo.it/article/view/16533 <p><span style="font-weight: 400;">Questo paper intende analizzare l’ambiguo rapporto con la modernità degli spazi delle vacanze del Terzo Reich. Kraft durch Freude (KdF) e Hitlerjugend, le due grandi organizzazioni naziste dedite alla normativizzazione del tempo libero dei sudditi del Reich, furono infatti protagoniste di esperienze progettuali caratterizzate da concezioni opposte della modernità. In particolare, dal </span><em><span style="font-weight: 400;">resort</span></em><span style="font-weight: 400;"> marittimo di Seebad Prora della KdF e dal </span><em><span style="font-weight: 400;">layout</span></em><span style="font-weight: 400;"> ideale del campeggio consigliato dai manuali ufficiali della gioventù hitleriana sembrano emergere due modelli architettonici radicalmente contrapposti: la macchina e l’accampamento. L’analisi e il confronto fra queste due figure diventerà l’occasione per indagare la complessità dell’ecosistema spaziale totalitario analizzandone l’approccio bifronte verso la modernità, lo strutturale legame con il regime e la percezione contemporanea del suo </span><em><span style="font-weight: 400;">difficult heritage</span></em><span style="font-weight: 400;">, tentando di far decadere alcuni pregiudizi ed eccessive semplificazioni riguardo la progettualità della Germania nazista.</span></p> Gianluca Drigo Copyright (c) 2024 Gianluca Drigo https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16533 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Educare alla libertà. La colonia antifascista italiana di Saint-Cergues (1928–45) https://in-bo.unibo.it/article/view/16474 <p><span style="font-weight: 400;">Nell’Alta Savoia francese esiste ancora oggi un edificio profondamente legato alla storia dell’Italia repubblicana, dal momento che non solo ne testimonia le radici e i valori, ma rappresenta anche un paradigma delle tragedie dell’infanzia nel Novecento. Si tratta di una casa per vacanze a Saint-Cergues Les Voirons (oggi trasformata in appartamenti privati) che fu costruita dai “fuorusciti” italiani per i figli dei connazionali emigrati. La creazione di questa colonia è stata considerata una delle imprese di maggior successo dell’antifascismo internazionale. Dopo l’inaugurazione, nel 1933, la casa di villeggiatura fu utilizzata per alcuni anni dai figli degli emigrati italiani, nonché come rifugio di noti antifascisti; poi si adattò alle nuove esigenze di assistenza ai bambini più fragili e in difficoltà, imposte dalle circostanze internazionali. A cinque anni dalla sua apertura, l’edificio venne infatti utilizzato come campo di villeggiatura per i bambini spagnoli profughi della guerra civile e, dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, divenne luogo di accoglienza dei bambini di qualsiasi nazionalità, vittime del conflitto e infine una casa-rifugio per i giovani ebrei in fuga dalla deportazione. Questo edificio, nel suo tipico stile alpino, era quanto più distante dai modelli monumentali fascisti. Costruito a pochi chilometri da Ginevra, era molto più di un semplice edificio, era una vera e propria sfida contro un regime autarchico sempre più ripiegato su se stesso, anche nei suoi modelli educativi.</span></p> Fabio Montella Copyright (c) 2024 Fabio Montella https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16474 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Ambienti di cura: due villaggi per bambini nella Grecia del secondo dopoguerra https://in-bo.unibo.it/article/view/16531 <p><span style="font-weight: 400;">L'architettura ha svolto un ruolo centrale nei programmi di assistenza all’infanzia sviluppati in Grecia nel corso del ventesimo secolo. Questo saggio analizza due esempi chiave del periodo tra le due guerre e del dopoguerra: il villaggio per bambini di Panos-Nikolis Djelepy a Voula, Atene (1933–34, 1936–39) e </span><em><span style="font-weight: 400;">Paidopoli</span></em><span style="font-weight: 400;"> di Emmanuel Vourekas ad Agria, Volos (1955–58), entrambi influenzati dal rispettivo contesto politico, sociale e culturale. La ricerca analizza come i progetti abbiano contribuito alla creazione di una tipologia edilizia incentrata sulla questione centrale dell'ospitalità e della cura dei bambini e dei giovani. Viene presentata un'analisi critica comparativa dei due progetti, con particolare attenzione ai modi in cui essi hanno affrontato il rapporto tra edificio e contesto, interno ed esterno, natura e artificio, in linea con le terapie mediche prevalenti all'epoca, ponendo un'attenzione particolare alle questioni di </span><em><span style="font-weight: 400;">performance</span></em><span style="font-weight: 400;"> ambientale.</span></p> Stamatina Kousidi Copyright (c) 2024 Stamatina Kousidi https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16531 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Architettura per una nuova educazione: Le colonie estive di Roland Schweitzer (1958–74) https://in-bo.unibo.it/article/view/16524 <p><span style="font-weight: 400;">Formatosi all'incrocio di diverse influenze – l’architettura giapponese, l’architettura vernacolare europea e il Movimento Moderno – Roland Schweitzer (1925–2018) ha tracciato un particolare percorso nel panorama architettonico francese. Oggi è considerato un precursore di un’architettura contemporanea sensibile e legata all'ambiente. Schweitzer ha cercato di raggiungere un certo sincretismo tra forma contemporanea e tradizionale. Nel corso della sua vita professionale, la dimensione umanistica del suo approccio ha trovato piena espressione in edifici a vocazione sociale. Fin dall'inizio della sua carriera, a partire dal 1954, l'architetto instaurò rapporti proficui con alcune organizzazioni di educazione popolare. Questa vicinanza ha portato a numerosi progetti e realizzazioni – ostelli della gioventù, campi estivi, centri di vacanza per famiglie – e a una ricerca architettonica a lungo termine su queste specifiche tipologie di infrastrutture di turismo sociale.</span></p> <p><span style="font-weight: 400;">Il presente lavoro si concentra sui campi estivi costruiti in Francia da Schweitzer tra il 1958 e il 1974.</span> <span style="font-weight: 400;">L’analisi dei progetti emblematici – in particolare le colonie di Cieux e Ballan-Miré – permette di capire come, grazie al dialogo con i committenti e i potenziali utenti del sito, l'architetto abbia sviluppato tipologie e, più in generale, un linguaggio architettonico il più possibile vicino agli usi e agli utenti, educatori e bambini, e consente di valutare come l'architettura abbia partecipato ai progetti di educazione popolare legati al movimento della Nuova Educazione.</span></p> Éléonore Marantz Copyright (c) 2024 Éléonore Marantz https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16524 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Colonie estive e strutture ricettive religiose in Sardegna negli anni ’60: la “Casa La Scogliera” di Solanas https://in-bo.unibo.it/article/view/16487 <p><span style="font-weight: 400;">Le colonie estive rappresentano uno spaccato significativo dell’architettura per il turismo popolare del secondo dopoguerra in Sardegna, nonché un esempio concreto dei programmi sanitari e ricreativi delle politiche di </span><em><span style="font-weight: 400;">welfare state</span></em><span style="font-weight: 400;"> locali e delle attività pedagogiche religiose. Sebbene contraddistinte da semplici e talvolta discutibili soluzioni formali – spesso lontane da sperimentazioni linguistiche – le colonie estive sono elementi ormai caratterizzanti molti paesaggi costieri della Sardegna, nonché esempi di articolazioni architettoniche funzionali alle concezioni pedagogiche del tempo. Tra questi casi spiccano una colonia marina e una struttura ricettiva per il turismo sociale nella suggestiva baia di Solanas (frazione di Sinnai), nel sud Sardegna, entrambe gestite da enti religiosi e distanziate appena duecento metri l’una dall’altra. La prima è la “Colonia salesiana Don Bosco,” costruita nel 1956–58, la seconda è la “Casa La Scogliera,” conclusa nel 1971 e promossa dall’Azione Cattolica locale. La ricostruzione della vicenda progettuale e costruttiva della “Casa La Scogliera,” attraverso inediti progetti originali, documenti e memorie, permette di valutare la relazione che l’edificio ha intrattenuto sia con la specifica pedagogia sviluppata nel contesto delle organizzazioni religiose, sia con lo sviluppo turistico della Sardegna del tempo. Questo saggio intende quindi evidenziare la storia, i valori e le criticità di questa architettura e del contesto culturale in cui si inserisce, offrendosi come contributo all’attuale dibattito sulla conservazione e trasformazione delle colonie estive marine.</span></p> Stefano Mais Copyright (c) 2024 Stefano Mais https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16487 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Oltre la colonia, prima di Mattei. L’Albergo La Meridiana di Edoardo Gellner e il Metodo Montessori https://in-bo.unibo.it/article/view/16266 <p><span style="font-weight: 400;">Negli anni ferventi di ricerca della felicità e di costruzione di una nuova società, che segnano la metà del Novecento, su un’area prativa fuori Cortina d’Ampezzo nasce una struttura ricettiva poco consueta, l’Albergo La Meridiana. L’originalità è costituita dalla committenza declinata al femminile, dal </span><em><span style="font-weight: 400;">target</span></em><span style="font-weight: 400;"> su cui si intendeva puntare – l’infanzia, dai 3 ai 14 anni – e soprattutto dalla proposta di una casa a misura dei piccoli ospiti sul modello montessoriano, anziché di una più comune colonia di stampo tradizionale. L’organismo architettonico, affidato a Edoardo Gellner, che se ne occuperà sotto ogni aspetto progettuale, rappresenta non solo una delle prime opere mature dell’architetto ma anche un vero e proprio laboratorio progettuale delle teorie sull’ambiente di cui la pedagogista Maria Montessori aveva scritto a partire dai primi anni del Novecento. L’albergo, inoltre, è un importante luogo di sperimentazione sugli interni che in anni subito successivi porterà alla declinazione – in chiave aziendale – della vacanza dei piccoli, rappresentata dalla Colonia del Villaggio Eni a Borca di Cadore. In dimensioni minori, infatti, il Meridiana anticipa forme architettoniche, spazi e materiali degli interni e metodi costruttivi, contribuendo a modificare irreversibilmente l’approccio sociale e pedagogico all’architettura della colonia.</span></p> Silvia Cattiodoro Copyright (c) 2024 Silvia Cattiodoro https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16266 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 L’orizzonte dopo la catastrofe. Sciesopoli da colonia fascista a centro per giovani profughi ebrei, e oltre https://in-bo.unibo.it/article/view/19713 <p><span style="font-weight: 400;">Nell’autunno 1945 l’ex colonia montana del Gruppo rionale fascista Sciesa di Milano viene trasformata in centro di raccolta per giovanissimi profughi ebrei scampati alle persecuzioni, i ghetti, lo sterminio. La percezione che si tratti di una forma di riparazione è immediata e tuttavia destinata ad affievolirsi nel corso dei decenni successivi, quando a questa funzione di rifugio ne seguiranno altre. La vicenda architettonica e sociale di Sciesopoli è caratterizzata da una lunga, e ininterrotta, concatenazione di usi – per certi aspetti antitetici, per altri in continuità – che si dipana dall’inizio degli anni Trenta fino alla fine degli Ottanta. Quando entra in crisi il modello dei grandi edifici per vacanze e terapie di massa, per Sciesopoli si delinea un destino condiviso da strutture analoghe: un abbandono determinato da un difficile, probabilmente impossibile, riuso nel presente, le cui esigenze non collimano più con queste dimensioni e forme. Per più di cinquant’anni, migliaia di bambini e ragazzi hanno usufruito delle possibilità offerte da Sciesopoli: aria montana, attività all’aperto, piscina riscaldata, terapie antitubercolari, accoglienza per profughi. Attualmente, forse solo quest’ultima funzione continua a sussistere come necessità sociale: ma un’ospitalità per rifugiati è difficilmente oggetto di investimenti per il recupero di una struttura deteriorata e bisognosa di adeguamenti, che, invece, si sono succeduti durante lo scorrere delle sette vite di Sciesopoli.</span></p> Elena Pirazzoli Copyright (c) 2024 Elena Pirazzoli https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/19713 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 La colonia di Daniele Calabi al Lido di Venezia: dalla conoscenza alle strategie di riuso https://in-bo.unibo.it/article/view/16614 <p><span style="font-weight: 400;">Il Lido di Venezia, lembo di terra emersa tra mare e laguna, è da più di un secolo luogo di</span><span style="font-weight: 400;"> villeggiatura privilegiato dei veneziani. A</span><span style="font-weight: 400;"> partire dalla nascita del primo stabilimento balneare (1857), le spiagge del Lido sono divenute meta turistica nel Novecento con l’edificazione di importanti hotel di lusso e ville in stile liberty. È in questo clima di fermento che sorge, tra il 1936 e il 1937, la colonia marina “Principi di Piemonte,” su progetto di Daniele Calabi, commissionato dal Comune di Padova, che era interessato ad avere una meta turistica in terra veneziana. </span><span style="font-weight: 400;">Inserita in un lotto di oltre 14.000 metri quadri, la colonia si compone di volumi organizzati attorno a una grande corte ritagliata in una rigida griglia geometrica, originariamente aperta verso il mare. Tuttavia, sono significativi i processi trasformativi che nel tempo hanno modificato l’impianto, arrivando in qualche caso a tradire l’idea del progettista. </span></p> <p><span style="font-weight: 400;">A partire dall’analisi della documentazione conservata nell’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia, l’articolo propone una rilettura dell’iter progettuale e del cantiere, inserendo la colonia nel contesto di sperimentazione e di innovazione di materiali e tecniche costruttive connesso alla stagione dell’autarchia. </span><span style="font-weight: 400;">Lo studio considera infine i meccanismi in atto nel processo di riattivazione del sito che coinvolge </span><em><span style="font-weight: 400;">stakeholder</span></em><span style="font-weight: 400;"> pubblici e privati, portando a evidenziare quanto le colonie per l’infanzia rappresentino una lente attraverso cui indagare le questioni culturali, tecniche ed economiche della conservazione e della valorizzazione del patrimonio moderno.</span></p> Giorgio Danesi, Sara Di Resta Copyright (c) 2024 Giorgio Danesi, Sara Di Resta https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16614 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 “Roma al mare.” La Colonia marina di Ostia Lido, tra “albergo dei poveri” e <i>hub</i> urbano https://in-bo.unibo.it/article/view/16517 <p><span style="font-weight: 400;">La fondazione di Ostia Lido, avvenuta tra il 1909 e il 1915 per iniziativa di Paolo Orlando con la collaborazione dell’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura capeggiata da Gustavo Giovannoni, costituisce un episodio centrale non solo della espansione della Terza Roma verso il mare, ma anche della cultura coloniale italiana. La costruzione dell’Ospizio marino di Marcello Piacentini fornisce il primo tassello del nuovo insediamento, orientato a un linguaggio sospeso tra classicità e vernacolo che sarà ulteriormente declinato da Vincenzo Fasolo nella limitrofa e monumentale Colonia marina Vittorio Emanuele III. Attraverso la lettura documentale e dello stato dei luoghi, questo articolo ricostruisce le principali vicende progettuali e costruttive dei due edifici, intimamente legati fra loro. Ne ripercorre inoltre le fasi di abbandono e degrado, di occupazione e parziale riuso che li hanno segnati nel dopoguerra, fornendo un’istantanea sulle sue attuali condizioni e sulle opportunità che una sua più organica riqualificazione, ispirata al modello storico dell’Albergo dei poveri e le spontanee destinazioni d’uso proposte “dal basso,” potrebbe offrire.</span></p> Fabio Colonnese, Saverio Sturm, Marco Fasolo Copyright (c) 2024 Fabio Colonnese, Saverio Sturm, Marco Fasolo https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16517 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Nuova vita per la Colonia Fara di Chiavari (Genova). Una storia complessa, fra degrado e rilancio https://in-bo.unibo.it/article/view/16557 <p><span style="font-weight: 400;">Il contributo analizza l’evoluzione degli usi e delle funzioni attribuite alla colonia marina Gustavo Fara nel Comune di Chiavari (Genova) dagli anni Trenta ai giorni nostri. Se ne analizza l’evoluzione storica, dalla sua costruzione fino al recente processo di valorizzazione e rilancio dell’edificio, e di trasformazione urbana a fini turistici dell’area circostante, denominata Preli, nella parte occidentale del lungomare della città. In particolare, il saggio affronta il tema della ri-significazione dell’edificio, in relazione alla sua storia complessa (regime fascista, centro profughi e scuola elementare), per poi provare a commentare le travagliate vicende più recenti che hanno portato al recupero e a una trasformazione integrale in appartamenti e in un hotel di lusso della struttura. Il percorso d’indagine porta a rispondere alle seguenti domande: In che modo l’edificio dialoga con il contesto urbano? L’ex colonia è da vedersi come </span><em><span style="font-weight: 400;">difficult heritage</span></em><span style="font-weight: 400;"> del regime fascista o solo come edificio rappresentativo dell’architettura razionalista? In che modo il processo di recupero ha preso (o no) in considerazione le necessità della comunità?</span></p> Federico Camerin, Francesco Gastaldi Copyright (c) 2024 Federico Camerin, Francesco Gastaldi https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16557 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Un capolavoro all’asta. La colonia montana Rinaldo Piaggio a Santo Stefano d’Aveto https://in-bo.unibo.it/article/view/16574 <p><span style="font-weight: 400;">Questo intervento intende contribuire alla discussione attorno alla domanda: quali sono le conseguenze di una colonia per l’infanzia quando cessa la propria attività? L’abbandono e la rovina sono un destino inevitabile? L’ex colonia montana “Rinaldo Piaggio” è il caso studio attorno a cui svolgere questa riflessione. La colonia fu costruita su progetto dell’architetto genovese Luigi Carlo Daneri nel 1939 a Santo Stefano d’Aveto, in Liguria, dove ospitò i figli dei dipendenti dell’azienda di Pontedera fino al 1983. In seguito, fu ceduta e interessata da un progetto di trasformazione in RSA non andato a buon fine e ad oggi, si trova penosamente gravata da una procedura di vendita giudiziaria, ed è insomma “un capolavoro all’asta.” La colonia è menzionata in moltissimi repertori di architettura moderna ed è interessata dalla dichiarazione di interesse culturale sin dal 1996. A questo vasto consenso storico-critico, tuttavia, non aveva mai fatto seguito uno studio monografico orientato alla comprensione dei problemi di conservazione dell’edificio, al suo recupero funzionale, e alla salvaguardia delle sue qualità moderniste. Dopo un’introduzione sull’edificio il testo ricostruisce i tentativi di trasformazione e aggiornamento della destinazione d’uso, focalizzando su quanto accaduto negli ultimi due anni, tra l’avvio di una procedura fallimentare e un’opportunità inattesa per tutelarne le qualità architettoniche e promuovere la rinascita della funzione ricettiva. </span></p> Davide Del Curto, Francesca Santoro Copyright (c) 2024 Davide Del Curto, Francesca Santoro https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16574 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Il “Palais des enfants” a Saint-Hilaire-de-Riez (Francia): Verso una storia di usi presenti e futuri di un’ex colonia per l’infanzia https://in-bo.unibo.it/article/view/16532 <p><span style="font-weight: 400;">Sebbene la storia delle colonie per l’infanzia sia ben documentata, il loro futuro deve ancora essere esplorato. A partire dai risultati di un progetto di ricerca che ha mobilitato un gruppo di lavoro multidisciplinare della Scuola di Architettura di Nantes, questo articolo si concentra sul futuro di una ex colonia nota come “Palais des enfants” (“il palazzo dei bambini”), che si trova a Saint-Hilaire-de-Riez, una città balneare della Vandea, sulla costa atlantica francese. Essa è un caso studio ideale per le numerose questioni che riguardano il futuro di questi patrimoni: chi sono i soggetti interessati che svolgono ruoli nella futura gestione di questo edificio? Quali sono i vincoli giuridici, sociali e ambientali che incidono su tale patrimonio? Quali sono le strategie economiche da attuare per sviluppare il turismo in una città costiera caratterizzata dal turismo sociale? Questo sito, così come il suo futuro, ha portato a fondare questa analisi su un insieme di prospettive spaziali, politiche e sociali. Soprattutto, questo caso studio ha aperto nuovi orizzonti per iniziative di ricerca congiunte legate alla progettazione architettonica e alla sperimentazione artistica.</span></p> Amélie Nicolas Copyright (c) 2024 Amélie Nicolas https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/16532 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Le promesse delle colonie per l’infanzia https://in-bo.unibo.it/article/view/19716 <p><span style="font-weight: 400;">Il saggio tratta l’introduzione all’esperienza delle colonie per l’infanzia, una forma di turismo sociale caratteristico della società industriale che per oltre un secolo ha interessato le coste, le campagne e le montagne dei Paesi occidentali. Dopo una breve presentazione delle condizioni che ne hanno generato la comparsa, il testo si articola secondo tre diverse dimensioni, che qui vengono chiamate “promesse,” costituite da quella della salvezza, della preparazione alla vita, e dell’innovazione.</span></p> Valter Balducci Copyright (c) 2024 Valter Balducci https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/19716 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Curare i corpi, ristorare le anime: Kerdijk, il primo modello di colonia per l’infanzia nei Paesi Bassi (1907) https://in-bo.unibo.it/article/view/17207 <p><span style="font-weight: 400;">La letteratura esistente sulle colonie di vacanza per bambini nei Paesi Bassi tra il 1880 e il 1920 sottolinea che tali istituzioni avevano un duplice obiettivo: il miglioramento della salute fisica dei bambini e la loro educazione. Questo articolo mostra che anche l'architettura di una delle prime colonie di vacanza si concentrava su entrambi questi obiettivi. Sia il rafforzamento della salute che l'educazione hanno avuto un ruolo nella progettazione delle colonie da parte della Centraal genootschap voor Kinderherstellings- en vakantiekolonies, che ha assunto un ruolo di coordinamento per questa nuova forma di assistenza all’infanzia. La società ha diviso i bambini in gruppi relativamente piccoli e ha implementato un sistema di gruppi nelle attività durante il giorno. Gli obiettivi sociali e medici sono stati implementati anche nella progettazione architettonica. Il primo edificio in cui questi principi furono esplicitamente realizzati fu la colonia di vacanza di Kerdijk, aperta nel 1907 a Egmond aan Zee. Questo articolo analizza, per la prima volta da una prospettiva storico-architettonica, la colonia di Kerdijk a partire dal suo duplice scopo legato all’educazione e all'assistenza sanitaria, un </span><em><span style="font-weight: 400;">fil rouge </span></em><span style="font-weight: 400;">nelle attività della Società tra il 1907 e il 1920. A partire dal 1920 circa, la situazione cambiò e l'enfasi della vita nelle colonie si concentrò sempre più sul miglioramento della salute.</span></p> Dolf Broekhuizen Copyright (c) 2024 Dolf Broekhuizen https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/17207 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Credere, obbedire, curare: le finalità politiche delle colonie per l’infanzia nell’Italia fascista https://in-bo.unibo.it/article/view/19714 <p><span style="font-weight: 400;">Nate come istituzioni assistenziali all'inizio del ventesimo secolo, durante gli anni del fascismo la funzione delle colonie per l’infanzia fu trasformata in uno strumento di indottrinamento e di addestramento fisico. Costruite prevalentemente con il linguaggio architettonico del razionalismo, le colonie degli anni Venti e Trenta erano all’avanguardia per il loro design e organizzazione spaziale. Ma anche se la loro architettura di stampo modernista non sembrava avere riferimenti politici espliciti, nelle colonie si trovavano numerosi simboli necessari per esercitare un'influenza ideologica sui giovani visitatori. Le scritte, gli emblemi e gli slogan politici, le opere d'arte, l'estetica della macchina e, infine, l'organizzazione delle planimetrie hanno certamente avuto un effetto sui giovani ospiti. Con le colonie, un'intera generazione fu disciplinata, manipolata, resa devota a Mussolini e al regime fascista e infine preparata alla guerra. Nel dopoguerra, gli edifici sono stati rilevati principalmente da organizzazioni umanitarie statali o ecclesiastiche. Con l'aumento del turismo individuale a partire dagli anni Settanta, molte strutture sono rimaste vuote. Il loro auspicabile restauro e la loro riconversione, tuttavia, dovrebbero tenere conto dei nefasti scopi originari, per renderli visibili e criticizzarli. Gli interventi artistici e architettonici possono essere dunque un modo per interrogare criticamente queste eredità del fascismo per le generazioni future.</span></p> Arne Winkelmann Copyright (c) 2024 Arne Winkelmann https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/19714 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 L’ONMI e l’architettura per la maternità e l’infanzia (1925–75): Un patrimonio dimenticato https://in-bo.unibo.it/article/view/19715 <p><span style="font-weight: 400;">Sulla base di una ricerca in parte ancora in corso e in parte già pubblicata, il contributo presenta il ruolo dell’ONMI nella gestione, nel coordinamento e nella realizzazione di edifici per la protezione dell’infanzia, in particolare colonie e case della madre e del bambino, realizzati in Italia durante gli anni del fascismo. La riflessione nata intorno al ruolo della committenza, inoltre, permette di mostrare taluni aspetti legati al concetto di architettura razionalista come rappresentazione delle istanze sanitarie razziste del fascismo, attraverso la ricerca di una correlazione fra i progetti, le costruzioni e i programmi funzionali e simbolici originari. Ciò considerando che dopo la Seconda Guerra Mondiale tali architetture per l’infanzia sono sopravvissute con le stesse funzioni (a differenza delle Case del Fascio e delle Case del Balilla), continuando a esercitare in qualche misura le funzioni per cui erano nate, sebbene con nuovi significati. Tali edifici furono, infatti, oggetto di una risignificazione assolutamente necessaria, giacché avevano nella loro genesi una componente ideologica, nel caso specifico razzista, non più accettabile nel mutato contesto storico-politico.</span></p> Massimiliano Savorra Copyright (c) 2024 Massimiliano Savorra https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/19715 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200 Verso nuove estati: tra storia, memoria e rovine https://in-bo.unibo.it/article/view/19717 <p><span style="font-weight: 400;">Lo stato di abbandono di numerose ex-colonie per l’infanzia sparse nel territorio italiano sottolinea l’urgenza di un dibattito scientifico-critico sulla storia e il futuro di questi edifici. Dalle valli alpine alle zone costiere, le ex-colonie per l’infanzia raccontano una lunga storia di sperimentazione sanitaria, pedagogica, architettonica e sociale che ha influenzato generazioni di cittadini e cittadine in Italia e in Europa negli ultimi centocinquant’anni. Ospitate in architetture tradizionali o dalla grande modernità, realizzate in materiali da costruzione duraturi come il cemento armato o effimere come tende, le ex-colonie hanno lasciato significative tracce, fisiche e non, nel paesaggio e nella società.</span> <span style="font-weight: 400;">Questo numero di </span><em><span style="font-weight: 400;">in_bo </span></em><span style="font-weight: 400;">ospita le più recenti ricerche relative alla storia delle colonie per l’infanzia in Europa tra Ottocento e Novecento – con diverse chiavi di lettura, dall’architettura alla pedagogia, dalla politica alla sanità – e mette in luce esperienze virtuose di riuso e restauro di tale patrimonio architettonico. </span></p> Sofia Nannini Copyright (c) 2024 Sofia Nannini https://creativecommons.org/licenses/by-nc/4.0 https://in-bo.unibo.it/article/view/19717 Mon, 01 Jul 2024 00:00:00 +0200