I limiti di Babele. Forme lessicali e contenuti urbanistici
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/13642Parole chiave:
pianificazione territoriale urbanistica, ambiente, sviluppo sostenibile, legislazione urbanistica, governo del territorioAbstract
Le forme del linguaggio lasciano intravedere gli esiti delle politiche urbanistiche. Un linguaggio chiaro, univoco, lontano da proclami demagogici genera un suolo normativo capace di tradurre le strategie in azioni concrete. Meno certi sono gli esiti prodotti da un linguaggio che scompone le linee di governo in un complesso di prospettive parziali.
La riforma del Titolo V della Costituzione, che moltiplica i linguaggi urbanistici regionali, si colloca nel quadro di una normativa nazionale ancora d’impronta ricostruttiva, a fronte di un diritto del governo del territorio in trasformazione. Dopo decenni di vincoli, prima per tutelare i beni ambientali, poi per frenarne gli scempi, rispetto a normative nazionali che si orientano ad agevolare lo sviluppo, le Regioni correggo- no la rotta e, per adattarsi alla narrazione della pianificazione locale, inventano propri lessici formando codici generatori di significati tutti da esplorare. Dopo averne tracciato il percorso evolutivo, vengono ricondotte le normative urbanistiche regionali a un quadro sinottico in modo da comparare i lessici in cui si declina la pianificazione territoriale ordinaria. La proliferazione dei vernacoli regionali frammenta il ruolo del Piano e apre una riflessione sul destino di valori territoriali e ambientali affidati a codici interpretativi discrezionali.
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