Un’ipotesi agostiniana sull’origine dei cortili binati nel Rinascimento bolognese
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/13935Parole chiave:
Antonio Di Vincenzo, architettura agostiniana, Bologna, cortili, RinascimentoAbstract
Durante i secoli del Rinascimento si diffonde nei palazzi felsinei un tipo di cortile caratterizzato da logge voltate su due livelli, dove le arcate superiori presentano un ritmo doppio rispetto alle inferiori. Un contributo alla sua diffusione – come si può apprezzare ancora oggi, fra i tanti esempi sopravvissuti, nei Palazzi Ghisilardi e Sanuti Bevilacqua – si dovette all’imponente e perduta Domus magna di Sante e Giovanni Bentivoglio. Si ritiene, tuttavia, che l’origine bolognese di tale sistema binato non sia bentivolesca e tantomeno “lombarda”, come riferito da alcuni, poiché in Lombardia le prime attestazioni cortilive di questo tipo sono più tarde rispetto a quelle bolognesi, inoltre denotano un’ascendenza antiquaria estranea alla cultura architettonica felsinea del Quattrocento. Il più antico esempio locale, direttamente riconducibile al tipo binato, sembra essere un brano architettonico appartenente al secondo chiostro, quello dei Morti, del Convento di S. Giacomo Maggiore, concluso nel 1385, quando è priore Andrea Artusi, che governa la congregazione eremitana tra il 1368 e il 1371. Il testo che qui presento attribuisce la paternità del cortile agostiniano ad Antonio di Vincenzo, il grande architetto di San Petronio, ripercorrendone le trasformazioni primo ottocentesche quando lo spazio conventuale è compreso nel giardino informale dell’abitazione dell’architetto ticinese Giovanni Battista Martinetti e della moglie Cornelia Rossi, nota animatrice culturale.
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