Faenza, 1565 e 1630. Due rappresentazioni urbane tra il concilio tridentino e la peste manzoniana
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/12860Parole chiave:
Faenza, cartografia, potere ecclesiastico, controriforma, RomagnaAbstract
Il contributo tratta in dettaglio di due rappresentazioni cartografiche della città di Faenza realizzate nel Cinquecento e nel Seicento. Nel 1565 il perito Terenzio Manzoni realizza la prima pianta presa in esame, ancora oggi conservata, in cui le chiese sono rappresentate in assonometria: è plausibile quindi pensare che sia stata realizzata per fini religiosi, come base topografica per le visite pastorali del vescovo Giovanni Battista Sighicelli. Nel 1630 Virgilio Rondinini realizza una grande mappa della città, con lo scopo di preservare la memoria della città di Faenza in un periodo nel quale l’Italia è devastata da guerre e pestilenze. Le rappresentazioni cartografiche prese in esame mostrano differenti finalità e differenti approcci nel rapportarsi con il potere ecclesiastico: la mappa del 1565 è funzionale a un’ottica decisamente controriformata, in cui il potere episcopale si serve del sentimento religioso della popolazione per il controllo sociale e territoriale della città. La mappa del 1630 è invece sorprendentemente priva di connotazioni sacrali: è probabile che il suo autore abbia voluto sottolineare un legame prettamente politico tra la sua famiglia e la sua città e la famiglia del papa regnante, Urbano VIII.
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