Paesaggio della memoria: dal disastro del Vajont alle architetture del ricordo. Glauco Gresleri e i cimiteri di Erto a Monte e Ponte Giulio
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/8916Parole chiave:
architettura funeraria, patrimonio culturale, spazio pubblico, glauco gresleriAbstract
Se, come scrive Marc Augé, “i paesaggi sono fatti culturali”, la relazione tra paesaggio funerario e identità culturale è quanto mai vitale deposito di conoscenza. Con tale premessa, questo saggio intende mettere a fuoco il contributo di Glauco Gresleri alla definizione di un paesaggio della memoria a seguito del disastro del Vajont. Nei luoghi martoriati dagli eventi del 1963 un gruppo di giovani architetti (Gianni Avon, Francesco Tentori e Marco Zanuso per il cimitero di Longarone; Glauco Gresleri e Silvano Varnier per i cimiteri di Ponte Giulio ed Erto a Monte) viene incaricato della progettazione dei complessi funerari necessari. L’operazione si carica di un evidente portato simbolico: non è solo una risposta all’emergenza funzionale, ma un’occasione per ricostruire l’identità di luoghi ormai irriconoscibili. Gresleri interviene in questo contesto imponendo il progetto di architettura come impegno civile, capace di rileggere, con sensibilità, le flebili tracce ancora presenti nei luoghi stravolti dalla catastrofe. Se l’attualità presenta spesso amministrazioni distratte dai numeri e appagate dalla semplice risposta funzionale alle esigenze dell’abitare, questi cimiteri mostrano la loro attualità legandosi al tema del paesaggio, recuperando immagini, dimensioni, materie radicate nelle tradizioni locali, rispettose del carattere dei luoghi e delle forme del territorio.
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