Architettura per i beni confiscati. Figure del progetto nei territori del conflitto fra democrazia e criminalità
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2036-1602/14841Parole chiave:
architettura per i beni confiscati, giustizia spaziale, Pizzo Sella, Brancaccio, teoria dell’architetturaAbstract
L’articolo affronta il rapporto fra città, territorio e democrazia a partire dai risultati di una ricerca internazionale, che ha indagato le forme peculiari di crisi del pubblico nei territori del conflitto fra Stato e criminalità mafiosa. Le domande di ricerca si situano in un quadro che intende il territorio come luogo elettivo per leggere le tracce costruite dal rapporto fra comunità e poteri illegali. Esse hanno posto la necessità di indagare l’insieme dei beni confiscati reclamando la necessità dell’intervento progettuale per le trasformazioni spaziali, linguistiche e simboliche senza le quali la loro transizione a beni pubblici non può dirsi pienamente compiuta. Riferiti al territorio comunale di Palermo, i laboratori di progettazione architettonica hanno affrontato lo scenario di fondo costituito dai quasi duemila casi (numero di molto sottostimato) censiti dall’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati, e relativo alle forme del Pubblico in un contesto in cui la democrazia è in panne, dove la presenza di forme antidemocratiche che non sono solo antagoniste dello Stato, ma mirano a sostituirlo, non sono un’eccezione ma la regola.
Il testo affronta sino in conclusione il rapporto di alimentazione reciproca fra ricerca e didattica del progetto e conclude aprendo nuove piste, all’incrocio fra l’aggiornamento dei temi del droit à la ville e la giustizia spaziale, che guardano al progetto come dispositivo di emancipazione.
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